Il viaggio raccontato
Da quanti anni scrivi viaggio? Al momento cosa segui?
«Scrivo di viaggio da dieci anni. Al momento sto scrivendo una guida su Amsterdam per la rivista Marco Polo, che dovrebbe uscire il prossimo inverno».
Come e quando hai cominciato questo lavoro? Perchè proprio giornalismo di viaggio? Hai scelto tu il settore o gli “eventi” ti hanno portato in questo campo?
«Ho iniziato il lavoro da giornalista all’età di diciannove anni come reporter locale di cronaca a Roma, la mia città natale. Il settore dei viaggi è arrivato dopo, perchè ho cominciato a collaborare con una rivista trade di turismo a Roma. Le riviste trade si occupano di informazione di viaggio per un pubblico di operatori e agenti di viaggio. E’ stato così che ho conosciuto da dentro un mondo che mi affascinava. Poi ho proposto i miei articoli a quotidiani e riviste specializzate ma che si rivolgevano al grande pubblico. E dopo qualche anno ero a Milano».
La scelta di Milano come sede è stata dettata da una decisione tua o perchè è la città nella quale questo campo è più attivo?
«E’ stata dettata innanzitutto da motivi personali ma è stata una scelta più che giusta. Nella città si concentrano le grandi case editrici che hanno riviste specializzate o riviste di moda e lifestyle che hanno pagine di viaggio. Indubbiamente una città più ricca di opportunità di Roma in questo ambito».
Ci racconti un’esperienza particolare? Un viaggio stampa importante, che ti ha coinvolto o segnato più di altri?
«Alcuni anni fa sono stata in Cina per un viaggio di lavoro. E’ stata una esperienza ricca di spunti che mi ha permesso di conoscere una porzione importante di questo enorme paese, prima che se ne iniziasse a parlare così tanto nelle cronache. In questo caso un viaggio di lavoro arrivato nel momento giusto».
E’ cambiato questo lavoro nel tempo? Cosa salvi del “passato” e cosa c’è di nuovo che ti affascina?
«Il settore dei viaggi è cambiato come tutto il resto. Le informazioni generali su una destinazione, che prima si trovavano soprattutto su guide e riviste specializzate, ora si trovano facilmente online. Bisogna quindi ripensare il giornalismo di viaggio, non più solo basato sulle informazioni pratiche e generali ma tornare a coinvolgere emotivamente il pubblico sul racconto di viaggio. Tornare ad affascinare il lettore, con racconti di esperti e vere dritte».
Con l’accesso diretto alle fonti di informazione, con i viaggi organizzati in proprio, ci sono più o meno “avventura” e/o “romanticismo”?
«C’è sempre spazio per avventura e romanticismo, perchè anche le destinazioni più raccontate riservano sempre mille sorprese. E poi il viaggio resta innanzitutto una esperienza soggettiva. Chi ne scrive dovrebbe sempre tenerne conto. Nel mondo di oggi, così globale, c’è ancora spazio per la scoperta di popoli e luoghi. Tutto sta nello sguardo di chi viaggia».
Quanto conta la letteratura di viaggio nel tuo lavoro? Hai un autore preferito, consigli, letture di grandi viaggiatori, anche del passato, per chi si appresta ad organizzare un viaggio? Oltre le canoniche guide.
«La letteratura di viaggio per me è sempre stata una grande fonte di ispirazione. Lo sguardo di scrittori e testimoni di epoche e luoghi aiuta sempre nella comprensione di un posto e a volte anche nella scelta di viaggio. Tra i miei autori più amati c’e’ indubbiamente l’italiano Tiziano Terzani, con il suo “Un indovino mi disse”, che mi ha attaccato l’amore per l’Asia. Tra gli stranieri l’americano Paul Theroux, che con “Il Gallo di ferro” ha raccontato la Cina in treno. Tra le donne consiglierei le pioniere del viaggio degli anni tra le due guerre mondiali come Ella Maillart e Freya Stark, esploratrici e viaggiatrici instancabili».
Come è cambiato il rapporto con i lettori dalla carta stampata alla rete?
«Con la rete è tutto più immediato. Necessita grande attenzione soprattutto perchè con il web 2.0 l’interazione con il lettore è fortissima. Una nuova sfida per chi scrive che a me non dispiace. Restano fondamentali le vecchie regole di credibilità e verifica delle fonti».
La professionalità, la credibilità, la verifica delle fonti sono alla base di questo lavoro. Qual è la differenza fra un professionista del settore e chi racconta le esperienze di viaggio attraverso il suo blog personale?
«L’esperienza di viaggio è sempre soggettiva, quindi nel merito non c’è una vera differenza. A rendere diversi è il mezzo innanzitutto e il registro narrativo. Decisamente personale e informale quello del blogger, più informativo e formale quello del professionista. Professionalità e credibilità sono comunque fondamentali per entrambi. Tra i blogger ci sono ottimi professionisti così come sono sempre di più i giornalisti che diventano blogger. E’ una naturale evoluzione e penso che in questo senso si andrà sempre di più verso una fusione tra queste due figure, per ripensare il giornalismo di viaggio in una ottica più personale e suggestiva».
Turismo natura, avventura, turismo responsabile, relax. Turismo di lusso. Quale forma preferisci fare o quale raccontare?
«Non sono per l’avventura, mi piace molto il viaggio culturale di scoperta, non lusso ma una certa comodità. Negli ultimi anni ho scritto anche molto di gastronomia, perchè spesso il mangiare è parte dell’esperienza di esplorazione di un paese. Il turismo a contatto con la natura mi affascina molto. Alcuni luoghi si possono scoprire solo facendo trekking o kayak».
Che significa per te fare un viaggio? E andare in vacanza?
«Mi piacciono i viaggi che ti costringono fuori dalla “comfort zone”, la zona sicura in cui tutti noi ci rifugiamo. E non mi riferisco all’idea di fare esperienze rischiose o avventurose, ma mettersi in gioco, mettere in discussione ogni volta le proprie certezze. Esporsi un pochino, per aprirsi al mondo che ti circonda. Prendi l’India per esempio. Un viaggio assoluto in un mondo davvero distante da noi, da fare con il cuore e le antenne apertissime. Diversa è la vacanza, il momento relax che per me è anche un buon libro in riva al mare, a pochi chilometri da casa».
Hai mai fatto un viaggio da sola? Cosa cambia e come in relazione al viaggio in comitiva, coppia?
«Consiglierei a tutte le donne di fare un viaggio da sole prima o poi. E’ una bella esperienza che aiuta la propria autostima e ogni tanto anche aiuta a “staccare”. Ultimamente sono andata a Bali, da sola e non per lavoro. Una esperienza che mi ha rigenerato, in cui mi sono divertita e ho fatto tante cose che in coppia o con le amiche non avrei fatto. Hai voglia di un pomeriggio per te in una spa o a fare shopping senza orari? Da sola puoi. Certo, bisogna scegliere bene la meta e avere sempre pronti piani B e C. Tanta attenzione in più è necessaria ma è divertente e incoraggiante!».
C’è differenza e quale fra il racconto di viaggio, oggi, attraverso canali italiani ed esteri?
«Una enorme differenza. Io leggo molto dal mondo anglosassone dove il settore è maturo sia per l’online che per l’offline. All’estero l’esperienza di viaggio è sempre personalizzata e molto più tematica, per target specifici di pubblico e mercato. In Italia si tende a presentare le destinazioni sempre in modo troppo generico e ad appiattire le informazioni, mentre spesso le motivazioni di viaggio che ci portano in una certa destinazione sono appunto personali, legate a certi temi. In questo senso la scrittura di viaggio di lingua inglese è più diversificata e stimolante».
Hai un riferimento oggi, fra giornalisti-narratori di viaggio, italiano o estero? E una forma preferita? Racconto fotografico, letterario, televisione, documentario, blog?
«Mi diverto a leggere i blog di viaggio stranieri, soprattutto anglosassoni. Un vero fenomeno è “The Man in Seat 61”, un blog sui viaggi in treno divertente e ben fatto. Mi diverte e piace molto Bill Bryson tra gli scrittori insieme al già citato Paul Theroux. Tra i nostri giornalisti, a parte Paolo Rumiz ed Ettore Mo, che leggo sempre volentieri, mi piace seguire Corrado Ruggeri e i suoi racconti sull’Asia. L’ultimo suo libro “La mia Asia” di LT Editore è un interessante excursus sui suoi 30 anni di viaggi nel grande continente».
Si può raccontare un viaggio su Twitter?
«E’ un mezzo come un altro per comunicare. Quindi la risposta è sì. Una sfida in più a usare le parole con intelligenza. A volte basta poco per esprimere molto. Sul mio account Twitter @alegesuelli ho raccontato il mio viaggio in Laos e Vietnam di questa estate. Si tratta di fatto di pillole, sta allo scrittore renderle interessanti ed efficaci».
La crisi anche della mitica Lonely Planet è un segno inarrestabile delle guide di viaggio? Perchè secondo te? Non ci si informa più, l’accesso al viaggio da parte di “tutti” ha “appiattito” anche il suo racconto?
«Non credo che ci sia un appiattimento. La LP ha avuto una fase di crisi solo quando ha perso credibilità sulla qualità e affidabilità, che sono gli elementi più importanti. Resta sempre fondamentale informarsi prima di partire. Le informazioni ora sono tante, è vero, ma appunto per questo, resta il bisogno di fonti sicure e autorevoli, di esperti insomma. Non a caso la LP sulle destinazioni su cui è storicamente forte come l’India, ha un forum on line molto attivo, che aggiorna le informazioni pubblicate sulla versione cartacea. Resta un fatto, però, le guide, e lo dice chi le scrive, non sono una bibbia, sono solo una indicazione. Vedo spesso nei viaggi, schiere di viaggiatori con la LP, piuttosto che con altre guide in mano, andare tutti nello stesso bar o ristorante… la guida dovrebbe essere solo una indicazione di viaggio, non le istruzioni per l’uso».
(Nella foto di Donata Zanotti, Alessandra Gesuelli)
Recent Comments