Pietro e Paolo, amici ma non troppo
L’immagine della santità che in occidente si è imposta non è propriamente corrispondete alla realtà concreta. Siamo stati infatti abituati a pensare che la vicinanza con le sfere sottili dell’esistenza crei in qualche modo una sorta di “seraficità” nelle persone. Questa idea in effetti non rende giustizia nemmeno di alcuni accadimenti storicamente attestati. Mi riferisco in particolar modo al complesso rapporto umano che, per motivi che adesso affronteremo, oppose in modo duro due dei più famosi personaggi legati alla storia del primissimo cristianesimo, i Santi Pietro e Paolo.
Questi due uomini, diversi per temperamento ed estrazione sociale, avevano un modo molto diverso di concepire l’apostolato che era stato loro affidato da Cristo. Pietro proveniva da una famiglia modesta mentre quella di Paolo era piuttosto benestante. Molti sospetti si erano addensati su Paolo nel momento in cui aveva rivendicato il diritto di appartenere alla cerchia degli intimi di Gesù. Certo il suo passato di persecutore di cristiani non costituiva esattamente la migliore delle credenziali possibili e, soprattutto, la sua conversione in seguito ad una visione deve aver sollevato più di un dubbio. Alla fine tuttavia fu integrato nel gruppo e partì per la sua missione evangelizzatrice lontano da Israele. Questo fatto fu motivo di altre perplessità. Potevano persone non di fede ebraica divenire cristiane? Per Pietro questa domanda restava aperta.
Cosa fare del rituale della circoncisione? Come comportarsi inoltre nei confronti delle 613 leggi della Torah che ogni ebreo era tenuto rispettare? Senza dubbio nessun pagano avrebbe accettato di farsi carico di un simile “pacchetto” di tradizioni che non appartenevano alla sua cultura e tuttavia il messaggio di Cristo doveva in qualche modo perdurare.
Ecco che Paolo si trova a rappresentare un motivo di preoccupazione per la neonata chiesa di Gerusalemme, ovviamente legata al rispetto dei precetti ebraici. Questa tensione sfocia in una lite aperta di cui Paolo lascia chiara testimonianza nella lettera ai Galati:
“Dopo quattordici anni, andai di nuovo a Gerusalemme in compagnia di Barnaba, portando con me anche Tito: vi andai però in seguito ad una rivelazione. Esposi loro il vangelo che io predico tra i pagani, ma lo esposi privatamente alle persone più ragguardevoli, per non trovarmi nel rischio di correre o di aver corso invano. Ora neppure Tito, che era con me, sebbene fosse greco, fu obbligato a farsi circoncidere. E questo proprio a causa dei falsi fratelli che si erano intromessi a spiare la libertà che abbiamo in Cristo Gesù, allo scopo di renderci schiavi. Ad essi però non cedemmo, per riguardo, neppure un istante, perché la verità del vangelo continuasse a rimanere salda tra di voi. […]
Ma quando Cefa venne ad Antiochia, mi opposi a lui a viso aperto perché evidentemente aveva torto. Infatti, prima che giungessero alcuni da parte di Giacomo, egli prendeva cibo insieme ai pagani; ma dopo la loro venuta, cominciò a evitarli e a tenersi in disparte, per timore dei circoncisi. E anche gli altri Giudei lo imitarono nella simulazione, al punto che anche Barnaba si lasciò attirare nella loro ipocrisia. Ora quando vidi che non si comportavano rettamente secondo la verità del vangelo, dissi a Cefa in presenza di tutti: «Se tu, che sei Giudeo, vivi come i pagani e non alla maniera dei Giudei, come puoi costringere i pagani a vivere alla maniera dei Giudei?”
Vediamo quindi come Pietro (Cefa in greco), vedendosi “osservato” dagli emissari di Giacomo decide di prendere le distanze dai pagani, specie per via della questione della circoncisione. E’ con un confronto pubblico quindi che le due posizioni all’interno della chiesa diventano evidenti. Un argomento scottante che lascia intravedere come i rapporti fossero tutt’altro che “serafici” anche tra i primi apostoli.
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