Le castagne di Ricetto
“Inventato! Abbiamo inventato un lavoro per tre settimane”
Daniele mi guarda con i suoi grandi occhi azzurri e con il sorriso dell’eterno ragazzo, nonostante il metro e novanta di altezza e la folta barba che gli incornicia il volto. Ventiquattro anni, un diploma di liceo artistico, uno di web designer e la ricerca di un lavoro che gli permetta di essere completamente indipendente.
Daniele non fa parte della schiera di quelli che qualcuno ha apostrofato come “bamboccioni”, piuttosto di quella schiera, sempre più nutrita, di giovani uomini delusi dal sistema politico, disgustati dall’ipocrisia della classe dirigente e che, nonostante ciò, non ha abbandonato il proprio entusiasmo fanciullesco, la voglia di provare e di cercare la propria strada.
Da quando ha lasciato il liceo, ha continuato a mettersi in gioco, ad accettare sfide, spostandosi anche di città o regione.
Così, tra un esperimento e l’altro, si è inventato un lavoro stagionale, che, a pensarci bene, potrebbe essere l’idea da sviluppare e far crescere, semplice come l’uovo di Colombo ma interessante, perché mirante a salvaguardare ciò che si ha, un patrimonio da non dimenticare, anzi da far rivivere.
Palcoscenico di questo breve spettacolo è stato Ricetto, paese del nonno di Daniele, una piccola frazione di Collalto Sabino, nel Lazio, 944 metri sul livello del mare e quarantanove abitanti in tutto.
“I Residenti sono molti meno – spiega Daniele – c’è Alessandro detto Palesse, che lavora in una fabbrica a Tivoli, ma appena finito il turno torna a Ricetto per scolpire il legno o dedicarsi alla speleologia, sua nuova passione. Ci sono Zia Anna e Zio Vincenzo settantasei anni la prima e ottanta il secondo; Augusto, considerato il capo spirituale del paese, nato e cresciuto nel paese e mai andato via. Angelo, cacciatore di Fiumicino che, insieme alla moglie Luciana, pasticcera sopraffina, si è trasferito dopo la pensione, e poi c’è Orazio, con Marina, professione pastore…- ride Daniele – pastore con la P minuscola, quasi invisibile. È un ..astore, se nevica o piove non esce e le povere capre non sono accudite e così ne ha perse più della metà; mio nonno diceva sempre che gli animali, invece, devono venire prima di ogni altra cosa…”
Ricetto è una piccolissima frazione, con una piazza centrale dove si articola la vita del paese, e un manipolo di case arroccate, al limitare delle quali, si snoda la strada interpoderale che s’inerpica verso i castagneti secolari.
Nel passato i castagneti hanno rappresentato l’economia principale del paese e dei suoi abitanti; una ricchezza da cui derivava il sostentamento, tant’è che tutte le spese o le necessità dell’anno erano subordinate alla raccolta. “Devi aspettare dopo le castagne” era la cantilena che si ascoltava in ogni famiglia, a indicare l’importanza di quel momento. Una ricchezza che man mano è stata abbandonata, messa nel dimenticatoio, sostituita dai lavori in fabbrica o in città.
“Da bambini andavamo sempre a raccogliere le castagne con i nonni. Quasi tutte le famiglie hanno un castagneto e tutte, nel periodo tra Ottobre e Novembre, si ritrovavano per la raccolta. Erano i nonni a rappresentare il fulcro, proprio come il castagno secolare.”
Quinto, il nonno di Daniele, aveva un amore immenso per questi posti e per Ricetto, e quest’amore l’ha lasciato in eredità al nipote.
“La situazione è quella che è, non è facile trovare lavoro, e i soldi servono” – continua Daniele – ” Così con Dario, abbiamo deciso, insieme ad altri due amici e Palesse, di tornare a raccogliere le castagne dei nostri terreni. In quei giorni, però, Palesse è caduto da cavallo. La caduta è stata tale da costringerlo al busto e a rinunciare alla raccolta. “Ragazzi, andate voi, – ci dice – e raccoglietele per me; me ne bastano una cinquantina di chili, il resto è vostro”. Le sue parole hanno acceso l’idea: offrire un servizio di raccolta ai proprietari, ottenendo in cambio non soldi ma castagne. “Un vero baratto: si raccoglie la quantità richiesta per il cliente e tutto ciò che resta diventa nostro”. L’idea è piaciuta, le adesioni sono arrivate.
Così, siamo partiti alla volta dei castagneti, quattro ragazzi, tanto entusiasmo e tanti sacchi di iuta.
Il periodo della raccolta è quello tra Ottobre e Novembre e dura circa tre settimane. Si arriva sul posto la mattina verso le 8.30, non troppo tardi ma neanche troppo presto, affinchè ci sia luce ma non umidità che ostacola il lavoro. Si lasciano le macchine al limitare della strada asfaltata. La strada interpoderale che sale ai castagneti è bianca, piena di buchi, ma conserva un suo fascino. I sacchi di raccolta vengono predisposti nel primo terreno. Si parte in contemporanea, tutti allineati, le schiene curve, un canestro a lato e un sacco legato alla vita, per riporci le castagne. Si procede, così, all’unisono, salendo a pettine, tutti intorno ad una stessa pianta, in modo da non saltarne nessuna. Chini, senza alzare la testa, chiacchierando, mentre il vento scompiglia i capelli e il frusciare delle foglie si unisce al silenzio della zona. Davanti il tappeto dei ricci caduti, con le castagne che fuoriescono. Se il proprietario è stato bravo e in Luglio ha pulito il terreno, la raccolta diventa facile, poiché lo spazio sotto il castagneto si presenta come una specie di campo da golf, perfettamente liscio, con il terreno battuto, dove le castagne possono rotolare liberamente; in caso contrario, il terreno è occupato dal sottobosco e allora la raccolta diventa difficile, più faticosa. Si continua cosi, senza fermarsi, fino a quando il cesto ed anche il contenitore posto intorno alla vita, sono pieni. Allora, si torna al grande sacco di raccolta preparato all’inizio, per svuotarvi tutte le castagne e ricominciare. Una sola pausa: un bicchiere di vino e un pezzo di formaggio; esattamente come facevano i nonni cinquanta anni fa. Prima che venga buio si torna verso la piazza del paese, dove sono già in posizione, con i loro camioni, tutti gli acquirenti delle castagne.”
Daniele, prende fiato, fa un sorriso immenso e continua: “In genere, creano una specie di cartello. Stabiliscono il prezzo a priori e non pagano un centesimo di più. Cercano di sottopagare le castagne. Questa volta, però, hanno fatto male i loro conti: non ci hanno previsto!—Ride divertito.
Siamo stati fortunati ma abbiamo anche saputo cavalcare l’onda.Nel viterbese, infatti, non si è avuta alcuna produzione di castagne. E’ già qualche anno che la zona ha il problema della “calla”, un insetto che deposita le larve sulle foglie facendole seccare totalmente. L’area di Viterbo è a 400 metri sul livello del mare e l’insetto resiste benissimo con quel clima, per cui i castagneti sono andati distrutti completamente.
La “calla” arriva anche a Ricetto ma a mille metri di altezza non riesce a riprodursi e quindi la zona si è salvata da questa strage e la produzione di castagne è stata abbondante. Così, avendo raccolto anche le castagne di altri e avendo creato una specie di monopolio, abbiamo fatto noi il cartello sul prezzo. Gli acquirenti, che ci aspettavano in piazza, offrivano 1,20 il chilo, ma avevamo deciso che a meno di 1,70 non le avremmo vendute. I paesani che non avevano aderito alla nostra proposta, erano scettici. C’erano tre acquirenti di Napoli, provenienza Terni, che continuavano a insistere con la loro offerta. Abbiamo tenuto duro e sai che abbiamo fatto? Abbiamo ricaricato tutti i sacchi sulle macchine per portarli via. Continuavano a ripeterci che non le avremmo mai vendute a quel prezzo e che le avremmo buttate. Siamo rimasti fermi sulle nostre posizioni e ci siamo avviati sulla strada del ritorno, con loro dietro, fino a quando hanno capitolato e hanno pagato il giusto prezzo e noi abbiamo portato a casa tre stipendi. Che soddisfazione!
“E i vostri compaesani scettici?”- chiedo.
“ Un coro di applausi, di pacche sulle spalle, di elogi, di – quanto son bravi sti’ ragazzi, che idea, che carattere!- se era per loro, le castagne marcivano sul terreno, e quelle raccolte sarebbero state pagate una miseria. “
“In poche parole, vi siete inventati un lavoro, semplicemente osservando ciò che avevate a disposizione e cogliendo un’esigenza che non era palese né manifesta. “
“Esattamente! Ormai la consuetudine era di lasciare le castagne nei castagneti o di raccogliere qualcosa per uso personale. La grande produzione da parte di Viterbo, ha impedito, fino ad oggi, di vendere il raccolto a un prezzo equo e per la gente, la fatica non vale la spesa. E’ un peccato perché quei castagneti sono secolari, si trovano a 1000 metri di altezza, una condizione non tanto comune e possono rappresentare, di nuovo, un’opportunità. L’anno prossimo saremo ancora lì, anzi vorremo ampliare la nostra offerta. Ci piacerebbe molto, aprire una cooperativa che possa offrire servizi utili a salvaguardare il patrimonio e a rilanciare il paese che oggi rappresenta una scelta opposta alla vita frenetica e insensata della città; e per me l’opportunità di sviluppare un lavoro che mi soddisfi e mi riporti nei posti che amo e dove mi sento a mio agio.”
Sorride ancora, gli occhi di un limpido chiarissimo che rispecchiano l’entusiasmo e la voglia di sperare.
“ La disoccupazione esiste nella misura in cui la immagini nella tua mente, ma un lavoro si può sempre inventare e i problemi possono essere affrontati. Devi puntare su te stesso, avere fiducia e dare spazio all’imprenditorialità; i rischi? Gli stessi di sempre, più legati alla paura che alle attività; personalmente non li temo e penso che sia opportuno iniziare a prendersene qualcuno… “ – sorride divertito-“ anzi, direi che è proprio il caso di iniziare a togliere le castagne dal fuoco!
Giovani uomini crescono e insegnano.
grazie Signore per avermi dato questa gran donna di sorella!!!!
Ci sono stato a Ricetto, è un posto speciale
i miei nonni paterni erano nativi di Ricetto. abbiamo dei castagneti pero’ sono anni che non andiamo. mi piacerbbe tornare e condividere la Vs, esperienza. non so se sarà possibile, ora vivo a Treviso. buon lavoro e complimenti.
Grazie Carlo per il tuo commento. Se hai voglia di tornare, se senti il richiamo, concediti questo regalo. un caro saluto